ABUSI E MALTRATTAMENTI NELL'INFANZIA
Prima di affrontare il problema dell'abuso e del maltrattamento è
opportuna una premessa su cosa vuol dire fare e come è stata fatta
la storia dell'infanzia. La storia dell'infanzia è forse la più problematica
rispetto a ogni altro oggetto delle scienze sociali perché sono poche le
notizie che il passato ci offre in merito.
La memoria dell'infanzia è raccontata dagli adulti secondo modalità
in cui predomina la concezione e l'interpretazione dell'infanzia in quel
momento e contesto storico.
Storicamente la società non è mai stata particolarmente sensibile al
maltrattamento dei bambini. Nell'antichità erano pratica molto diffusa i
sacrifici di bambini e neonati destinati ad essere sacrificati agli dei, in
diverse civiltà antiche l'uccisione di bambini deformi o non desiderati
era comunemente accettata e praticata.
Il diritto romano nell'antica Roma stabiliva il diritto di vita o di morte sui
propri figli. I bambini erano considerati proprietà del pater familias che
aveva pieno diritto di trattare i figli come pensava fosse giusto, per cui
un trattamento severo veniva giustificato dalla convinzione che potesse
essere necessaria una punizione fisica per mantenere la disciplina,
trasmettere le buone maniere e correggere le cattive inclinazioni.
Lo sviluppo di una cultura dell'infanzia ha iniziato a diffondersi nei
paesi industrializzati solo negli ultimi due secoli e solo dopo il 1900 è
osservabile il diffondersi a livello nazionale ed internazionale di
iniziative volte alla difesa dei diritti dei bambini, alla protezione
dell'infanzia rivolgendosi al problema sommerso dei maltrattamenti,
violenze e negligenze verso minori. Da questa trasformazione culturale
è nata anche una diversa valutazione degli abusi che, da atti criminosi
ed antisociali, vengono letti oggi come espressione di un disagio
emotivo che non riguarda solo l'abusato ma anche l'abusante e tutta la
famiglia, con un coinvolgimento di diverse discipline, dal diritto, alla
psicologia, alla sociologia ed alla psichiatria.L'attaccamento e l'amore
per i bambini nel nostro Paese oggi è sentito intensamente come
sentimento spontaneo e naturale. Viene naturale pensare e desiderare
che tutti i bambini vivano felicemente circondati dalle amorevoli cure
dei genitori e degli altri adulti che interagiscono con loro, zii, nonni,
fratelli, insegnanti, etc
dinanzi a fatti in cui i minori sono sottoposti a maltrattamenti,
sfruttamenti, sevizie e persino abusi sessuali fin anche tra le mura
domestiche.Ascoltare la crudeltà e la gravità dei maltrattamenti inflitti
ad un bambino se da un lato suscita sempre emozione ed indignazione
dall'altro deve spingere tutti coloro che per il loro operare si trovano a
ruotare nel mondo relazionale del bambino (insegnanti, pediatri,
operatori sanitari, operatori sociali, forze dell'ordine, magistrati) a
conoscere meglio il problema dell'abuso all'infanzia per capire il senso,
Ma la cronaca ci pone sempre più spesso
le radici di ciò che accade, per riconoscere il disagio emotivo e sociale
da cui questi fatti derivano, per cogliere i sensi talvolta non molto chiari
del disagio del minore abusato e cercare di intervenire per lenire le
ferite devastanti che si determinano nel bambino violato.
I FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio dell'abuso sessuale possono essere diversi:
Età: le fasce di età più a rischio sono rappresentate dalla pubertà e dai
primi anni dell'adolescenza; tuttavia comportamenti sessuali anomali
possono riguardare anche bambini molto più piccoli.
Composizione e strutturazione del nucleo familiare: nelle famiglie
molto numerose la promiscuità favorisce gli abusi intrafamiliari,
soprattutto tra padre e figli o tra fratelli o con parenti. Sono famiglie a
rischio di abuso le famiglie isolate dal contesto sociale o dalle rispettive
famiglie di appartenenza, quelle che vivono in condizioni abitative
inadeguate, quelle emarginate ed immigrate.
Dinamiche familiari specifiche: in recenti studi sull'incesto è
stato dimostrato che talvolta l'abuso sessuale intrafamiliare va
visto nell'ambito di un sistema relazionale organizzato, distorto e
"complice". Inoltre in molti casi costituisce un fattore
di rischio la presenza di genitori con esperienza di
maltrattamento o abuso e/o che hanno vissuto gravi carenze
affettive nella loro infanzia.
Psicopatologie e tossicodipendenze: spesso la presenza di una
patologia mentale o le dipendenze possono essere fattori di rischio;
madri depresse, genitori alcoolisti o tossicodipendenti possono
con diverse motivazioni abusare sessualmente dei loro figli ( per
compensare frustrazioni sessuali e isolamento affettivo, per sfruttare
sessualmente il minore ecc.).
Deprivazione socio-economica: numerose ricerche condotte
nelle diverse regioni italiane nonché all'estero hanno dimostrato
che l'abuso sessuale familiare interessa trasversalmente tutti i ceti
sociali contrastando l'opinione generalmente diffusa che l'abuso
sessuale si verifichi solo nelle classi sociali più basse. Spesso
la realtà dei fatti mostra invece l'aspetto aberrante e crudele di
insospettabili professionisti e di persone anche di una certa cultura.
Bisogna comunque riconoscere che in situazioni di deprivazione
socio-economica e culturale si possono verificare situazioni di
trascuratezza fisica e affettiva che non permettono al bambino di
sviluppare la capacità di discriminare i pericoli e lo rende predisposto
ad accettare qualsiasi attenzione affettiva gli venga proposta dentro
e fuori casa, compensatoria di un vuoto affettivo permanente. Inoltre
in questi ambienti è più facile riscontrare un atteggiamento di omertà
da parte del genitore o di altri familiari non abusanti per timore
delle conseguenze penali ma soprattutto per la situazione di grave
insicurezza economica.
Scarsa socializzazione e mancanza di fiducia negli altri: queste
persone hanno difficoltà di relazione, sono stati inadeguatamente
formati come adulti e sono socialmente isolati in quanto scarsamente
capaci di sviluppare e utilizzare i sistemi di supporto. Essi capiscono
poco dello sviluppo di un bambino e quindi anche delle sue ragionevoli
aspettative e dei suoi bisogni psicologici. Un esempio tipico è quello di
una madre non sposata, che vive con una serie di compagni, ognuno
dei quali resta per un breve periodo per poi andare via ed essere
rimpiazzato da un altro. Questi uomini non hanno alcun interesse nei
bambini della donna e tendono ad avere poca pazienza con loro.
Limitata capacità di controllarsi: lo stress, la rabbia e la frustrazione
e tendenza ad esplodere con violenza, sia verbale che fisica, in
risposta a sentimenti negativi.
Fattori di rischio legati al bambino:− Bambini separati alla nascita
dalla madre per malattia o pre-maturità, forse a causa di un legame
deteriorato con una madre ad alto rischio.− Bambini nati con
anomalie congenite o con malattie croniche.− Bambini considerati
come difficili o diversi.− Bambini adottati.Un pericolo comune che
lega tutti questi fattori di rischio, sembra essere quello delle aspettative
disattese, sia per aspettative poco realistiche dei genitori che per
l'incapacità del bambino di rispondere ad aspettative realistiche
in conseguenza di un ritardo di sviluppo, iperattività o disciplina
incostante.Il maltrattamento fisico è definito come il procurare lesioni
che suscitano un dolore significativo, lasciano segni fisici, alterano
la funzione fisica o mettono in pericolo l'incolumità dei bambino. E'
generalmente ripetuto nel tempo e tende ad aumentare di gravità.La
precocità della diagnosi, della denuncia e dell'intervento sono
essenziali per prevenire lesioni future e più gravi. I padri e i compagni
sono di gran lunga coloro che abusano più comunemente, poi vengono
le baby-sitter e, infine, anche le madri.Gli eventi scatenanti più comuni
sono il pianto e i problemi legati all'igiene personale del bambino. La
diagnosi della lesione provocata è stabilita sulla base di una serie di
fattori tra cui i dati anamnestici, fisici e comportamentali.
Ci sono una serie di ricerche con cui si individua un range, un arco,
anche perché è difficile compiere ricerche sull'abuso all'infanzia, non si
possono porre domande dirette ai minorenni, ci saranno altri modi per
scoprirlo. Queste ricerche dicono che dal 14% al 64% della
popolazione femminile ha subito un abuso e dal 3% al 29% per la
popolazione maschile; il che vuol dire che l'abuso è molto diffuso e le
vittime sono soprattutto donne. Qualcuno sostiene che il 20% dei
minori ha subito una forma di abuso, un bambino su cinque;
ovviamente bisogna cercare di capire che tipo di abuso è, quando è
avvenuto, perché a seconda dell'età bisogna valutare il consenso, una
serie di studi da compiere.Effetti a breve termine: malattie
sessualmente trasmesse, lesioni fisiche, disturbi affettivi. Aggressività,
sensi di colpa, crisi di collera, ansia, paura, vergogna e bassa
autostima, disturbi del comportamento, devianza, incubi, fobie, disturbi
del sonno e dell'alimentazione, problemi a scuola.Effetti a lungo
termine: disfunzioni sessuali, difficoltà nell'eccitamento, evitamento o
reazioni fobiche all'intimità sessuale, vulnerabilità ad un successivo
abuso o allo sfruttamento sessuale, promiscuità, prostituzione, disagio
nelle relazioni intime, isolamento, problemi coniugali, depressione,
abuso di alcool e droghe, suicidio e, ancora una volta, disturbi
nell'alimentazione. Non c'è molto di specifico, c'è di tutto.Quando ci
occupiamo di queste persone che hanno subito, una delle cose che si
nota di più è quella chiamata "confusione dei linguaggi", perché chi ha
subito un abuso, soprattutto familiare, non sa di aver subito un abuso;
la confusione dei linguaggi consente all'abusante, che quasi sempre è
il padre, di utilizzare il linguaggio della tenerezza per fare violenza. Poi
ci vorranno un bel pò di anni prima che il bambino si renda conto di
aver subito una violenza e quando se ne rende conto iniziano i
problemi. Il problema è proprio quello di tenere separati questi
linguaggi; quello dell'amore, quello della tenerezza e quello della
violenza. E' difficile che queste persone, crescendo, imparino ad
amare.Effetti sulle femmine: 1/3 delle pazienti psichiatriche
ambulatoriali e circa la metà delle giovani devianti (tossicodipendenza,
prostituzione, condotte antisociali in genere), sono vittime pregresse di
incesto. Alcune ricerche hanno dimostrato che il 75% delle prostitute
sono state vittime, nella loro infanzia, di abusi sessuali.
Effetti sui maschi: in uno studio condotto su soggetti maschi che hanno
subito un abuso sessuale da bambini è emerso che più dell'80% abusa
di sostanze stupefacenti, il 50% ha avuto propositi suicidari, il 23% ha
tentato il suicidio, il 70% ha ricevuto un trattamento psicoterapeutico, il
31% ha sessualmente abusato di altri bambini. E' importante
sottolineare quest'ultimo dato perché una delle cose più pericolose che
si dice, è che gli autori degli abusi sessuali hanno subito nella loro
infanzia, un abuso sessuale; l'hanno subito e lo fanno sugli altri: questa
è diventata una vera e propria equazione. Perché è pericoloso
continuare a dire questo? Immaginate quando questa notizia viene
diffusa (soprattutto tramite la televisione dove si ha il così detto "effetto
pioggia", nel senso che non si sa dove va a finire questa informazione)
cosa può pensare una bambina che ha subito o che sta subendo un
abuso sessuale. Questo minore crescerà con la consapevolezza che
prima o poi lo farà lui. Questo, in termini psicologici, si chiama abuso
secondario. Non è che non sia vero, ma non è sempre vero (lo è in un
terzo dei casi) e, comunque, non è il caso di porgere la notizia come se
fosse un'equazione.Effetti rispetto all'età: più giovane è l'età in cui si
scopre l'abuso, peggiori ed insopportabili sono le conseguenze che ne
derivano. Se lo scoprono altri, nella vittima rimane il dubbio della
complicità. Tutti gli studi clinici che sono stati fatti sulle vittime di abuso
hanno accertato una cosa interessante: se lo svelamento,
l'autoconsapevolezza dell'abuso, è spontaneo, si supera meglio;
l'elaborazione di quello che è successo è più facile. Di solito accade
che la bambina che ha subito l'abuso, intorno ai tredici, quattordici
anni, si rende conto di averlo subito, si ribella, lo dice alla mamma,
sperando che la capisca e che non si schieri con il papà (succede
anche questo).Se la rivelazione succede autonomamente,
l'elaborazione successiva dell'abuso, cosa molto lunga e laboriosa, va
meglio; se invece la rivelazione o lo svelamento dell'abuso viene fatto
da altri, di solito la madre, il rischio è che a questa bambina rimane il
dubbio "se non lo avesse detto mia madre, io l'avrei mai detto?
E perché non lo dicevo? Se è stato necessario che lo dicesse
mia madre vuol dire che in qualche modo mi piaceva".Questo
rientra nella confusione dei linguaggi di cui si parlava
prima. Il problema vero è quindi quello di cercare di
accompagnare la vittima nel processo di autoconsapevolezza
prima e processo penale poi. Queste denunce vanno fatte,
perché se non vengono fatte, non solo non è giusto, ma gli
abusanti continueranno a credere che godono di una impunità. I
dati forniti dal Consiglio d'Europa riferiscono che i casi
denunciati costituiscono dal 5% al 15% dei casi effettivi: il
fenomeno è soprattutto sommerso. Nel 94% dei casi le denunce
di abuso sessuale fatte dai bambini sono state confermate
dalle indagini successive e solo nel 6% dei casi il minore non
è attendibile, quindi bisogna smetterla di mettere in dubbio
l'attendibilità del minore.A questo proposito per gli
psicologi diventa assolutamente importante l'ascolto del
minore. Il problema non è ciò che dice, è come viene
ascoltato. Se si è in grado di ascoltarlo, probabilmente, lo
si renderà più attendibile.
Altri pregiudizi sull'abuso: che l'abusante di solito è
considerato un vecchio sporcaccione, un maniaco, un pazzo, un
ubriaco; non è vero: la maggior parte degli abusanti sono
giovani maschi, senza alcun segno di disagio mentale, né di
abuso di alcool, appartenenti ad ogni classe sociale. L'alcool
e la droga, se ci sono, hanno solo l'effetto di slatentizzare
una condotta che comunque, in determinate occasioni
(solitudine, promiscuità, intimità) può emergere.